Andare, partire, studiare


Parole per Milano offesa inclinata cinerea distesa giallina tiepida femmina
Vanni Bianconi, poeta

Dalla pianura del Po risali il fiume Ticino, attraversi un lago grande, ne vedi uno medio, tanti piccoli e gradualmente arrivi alle Alpi. La lingua cambia mano a mano che sali, non quella ufficiale, che rimane la stessa, ma il dialetto, che dalla pianura alla montagna diventa sempre più duro, come i fiori e l'erba. Un tempo (mia nonna era piccola ma si ricorda), da quelle parti mangiavano solo polenta.
Circa a metà strada trovi un confine.
Un confine genera contrabbando (mio nonno, dopo la guerra, sigarette per l'Italia; riso e salame per la Svizzera), immigrazione, frontalieri, scambi economici e culturali. A volte si dice “passi Chiasso ed è un altro mondo”.
Milano era già grande e ricca secoli fa, mentre il Ticino era costituito da valli e piccoli borghi. I giovani montanari scendevano in città per trovare un maestro, una scuola o un lavoro. Sapevano lavorare il legno e la pietra: diventavano scalpellini, stuccatori, muratori e qualcuno anche capomastro o pittore. Più tardi sono venuti per studiare Turismo, Economia, Lettere, Commercio, Musica.
Da una ventina d'anni, si incrociano con altri studenti che da Milano salgono verso la Svizzera. Per andare a scuola, per formarsi. Studiano all'estero, ma in italiano e la sera tornano a casa. Sono iscritti al Conservatorio, all'Accademia di Architettura, all'Università e alla Scuola Universitaria Professionale.
Le ragioni del partire sono molte, da Milano, da Bellinzona, da Lugano; qualcosa ti spinge, qualcosa ti attrae. Vediamo un po'.
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Pubblicato da Dialoghi Internazionali

Si chiama Spazio Ado

Si chiama Spazio Ado e sembra un appartamento, di quelli moderni, con grandi spazi comuni e poche pareti. Sette anni fa un gruppo di ragazzi e di educatori ha abbattuto i muri e costruito un salotto grande, una cucina, dei bagni, lasciando un locale per la sala di musica, uno per la palestra e un laboratorio. In sette anni è passata da lì un’ottantina di adolescenti. Il luogo si è modificato, ma nessuno ha mai comprato niente: i mobili e gli oggetti che servivano sono stati recuperati qua e là. Scarti a cui i ragazzi di Spazio Ado hanno restituito un senso, un valore. Un po’ come hanno ridato un senso e un valore alla propria vita, che già a 15 o 18 anni sentivano – ed era – esclusa dalla società.
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Pubblicato dal quotidiano la Regione Ticino (parte prima)


Fondazione Amilcare, la casa secondo Raffaele Mattei


Raffaele Mattei, da oltre vent’anni lavora con i giovani. Le sembra che il disagio sia in aumento?
«L’abbandono è la costante nelle storie dei ragazzi emarginati. Bambini trascurati, svalutati, genitori molto sofferenti loro stessi non sono una novità di oggi. Negli anni Novanta abbiamo iniziato una formazione in terapia familiare: quando l’abbiamo terminata di famiglie non ne restavano quasi più. Ecco che cosa sta cambiando. Prima di parlare di disagio giovanile, quindi, bisogna avere il coraggio di parlare del disagio diffuso in tutti gli strati della nostra società.
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pubblicato dal
quotidiano laRegione Ticino (seconda parte)