I bambini di Ponto Valentino raccontano la loro Valle di Blenio

 

Mi metto nel pratone, quello vicino all’orto del Pierino, del Giovanni e della Maris. Oltre l’orto, i bambini stanno giocando al parco giochi. C’è la merenda e uno alla volta vengono da me, sulla coperta, a raccontare. Gli faccio un’intervista ogni anno per cinque anni. Poi alla fine consegnerò a ognuno le sue cinque registrazioni e loro potranno risentirsi.

La prima è una bambina dall’aria fragile che però è forte, come quei fiorellini di montagna che chissà come trovano il coraggio di crescere nella roccia a milleduecento metri. Sarà che il timo lì vicino li incoraggia. Lei ha le idee chiare: «Mi chiamo Nina, mi piace il circo, da grande vado in città». Però adesso non vuole andare da nessun’altra parte, perché Ponto Valentino è il posto più bello del mondo. «Ci sono i miei amici, due chiese, la bettola, e si possono sempre vedere agnelli appena nati. Quando non voglio vedere nessuno pianto un cartello davanti a casa con scritto ‘niente ospiti’, così me ne sto per conto mio».

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Pubblicato su la Domenica 

Reportage dal deserto tunisino per un Festival di pastori


Non si sradica il terrorismo con le bombe. Non funziona. Ci vuole cultura, lavoro, fiducia nella strada che si ha davanti. Adnen Helali, maestro e poeta di Semmama, turbante in testa e tuta mimetica, grida parole di poesia, dolcezza e rosmarino in mezzo al cortile. Siamo nel Centro Culturale Jebel di Semmama, in una zona montuosa della Tunisia: un luogo di incontro, arte e artigianato inaugurato nel 2018, costruito grazie ad aiuti internazionali per aiutare la regione di Kasserine a trasformarsi. Qui nel centro-ovest del paese, infatti, c’è livello rosso di allarme terrorismo, dato che dopo la Rivoluzione queste montagne sono diventate luogo di rifugio per i jihadisti. Le proteste che avevano fatto cadere il governo di Ben Ali hanno avuto il loro cuore proprio qui, ma gli abitanti sono stati delusi: non è cambiato nulla, le politiche economiche, sociali e turistiche hanno continuato a dare priorità alle città e alle coste. «Ci hanno sacrificati», dice Adnen. «Ma noi non ci stiamo, siamo pastori e siamo abituati a chinarci senza cadere. Facciamo resistenza: poesia, dolcezza e rosmarino sono le nostre armi». Il rosmarino, nella cultura berbera è simbolo di amore e scambio.

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Seconda parte

Pubblicato su Ticino7, maggio 2023