Giovanni Orelli, scrittore e poeta contadino di Bedretto. Dalla valanga alla città di Lugano


 «Nel 1601, Keplero, l’astronomo tedesco che allora aveva trent’anni e neanche un soldo, regalò al suo migliore amico un fiocco di neve, perché se lo guardi è bello come un diamante. Ma quando i fiocchi diventano miliardi e poi diventano una valanga, allora non stiamo più parlando di gioielli. Io ero stufo di vedere neve e nel 1951 ci faceva anche paura. In marzo ci fu l’evacuazione». Giovanni Orelli ci porta nel suo studio, che non è nella casa di un esiliato, ma il posto dove vive, nella città che ormai è diventata la sua da oltre mezzo secolo, Lugano.
Siamo venuti per parlare con lo scrittore di Bedretto del suo rapporto con la montagna, senza sentimentalismi, tenendo insieme tutta la complessità di qualcuno che conosce più ambienti, più culture, che conosce l’andarsene e l’arrivare. Pensiamo che un’identità sia fatta di molte cose: è importante dove siamo nati, come siamo cresciuti, che cosa riempiva i nostri occhi e le nostre orecchie da bambini; e poi importa come tutto questo, durante il viaggio nell’età adulta, sia rimasto spiegazzato in valigia oppure sia stato tirato fuori, e come, e quando, e da chi. E se è diventato poesia, ricchezza e saggezza, come nel caso di Orelli, allora ci interessa ancora di più.

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Fotografia di Mathias Muheim
Pubblicato su Rivista 3valli

Che cosa è il coworking? L'esempio dello Spazio 1929 di Lugano

Indipendenti, unitevi!
Oggigiorno tanti giovani vivono così: lavorano qua e là. Si inventano uno, due, tre mestieri. Stanno in proprio perché nessuno li assume, perché ormai sono abituati alla libertà, perché mettono insieme lavori diversi. Hanno professioni nelle arti grafiche, nel settore della comunicazione, nei servizi informatici; sono artisti part time, fanno qualche traduzione per sopravvivere, compilano domande di sussidi per i loro progetti. Sono a casa, collegati a internet, seduti alla scrivania, sul divano, sul letto, perché non possono permettersi un ufficio da soli. A volte sono precari, isolati, si alzano al mattino e guardano la posta prima di fare colazione. Capita che non escano per un giorno intero; e quando hanno bisogno di un collega non sanno chi chiamare.
Nel 2005 a San Francisco alcuni di questi, non potendone più, hanno inventato un modello di ufficio nuovo che ora si sta espandendo rapidamente in tutto il mondo, in particolare nelle grandi città: il coworking.
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Pubblicato su Azione

Viaggio in Israele: Haifa, il kibbutz di Ein Gedi e l'asilo di Liun



Nei giorni in cui gli Stati Uniti minacciano la Siria che a sua volta minaccia Israele, in cui Putin si rivela più conciliante di Obama e il nuovo presidente dell’Iran Rohani dichiara di volere pace e amicizia con tutti i Paesi dell’area, incluso quello ebraico, Nir e Dana portano all’asilo per la prima volta la loro bambina Liun, di due anni e mezzo. Abitano a Haifa, città portuale sul mediterraneo a due ore da Tel Aviv. Haifa è grande, la si vede da lontano perché appena finisce il mare iniziano le colline su cui sorgono case, palazzi e i più bei giardini Bahai del mondo. La strada in cui vivono Nir, Dana e la piccola Liun è sporca, ma non solo di rifiuti che si accumulano e attirano gatti randagi, come molte città d’oriente: è anche sporca di fiori.


Pubblicato su laRegione Ticino

Il Museum of broken relationship di Zagabria

Una scatola d’incenso afrodisiaco, accompagnata dal commento dell’ex proprietario “Non funziona”, è il messaggio più conciso di tutta la collezione; quello più tenero: il foglio di un bambino di venti anni fa, con una dichiarazione d’amore per un’altra bambina, sua vicina nel pullman di fuggiaschi che lasciavano i Balcani in fiamme. Mai più rivista, mai dimenticata, e mai avvertita che una lettera d’amore era stata scritta per lei in quel furgone. E poi abiti da sposa mai indossati, tolti dal buio degli armadi e restituiti alla luce cicatrizzante del museo, fotografie staccate dai muri e scivolate nei cassetti, e ancora vagonate di peluche di dubbio gusto, rimasti i soli a credere alle promesse d’amore eterno ricamate sui loro maglioncini colorati. Amori frivoli, amori intensi, amori tragici. 
Tra le cattedrali che custodiscono la Storia, l’Arte e la Scienza, il piccolo museo di Zagabria apre qualche spioncino sulle vite delle persone comuni. Nella capitale croata, è la gente che fa il museo. Una trovata per guardoni? Forse, se per guardoni intendiamo chi ama le storie reali, piccole e quotidiane, magari anche molto interessanti, che possono svolgersi sotto le nostre finestre, nel tavolo a fianco mentre siamo al ristorante, e ora... anche al museo. 

Di Sara Rossi e Andrea Guidicelli, pubblicato su Azione

'Me l'ha detto mio cuggino'; Fabio Caironi racconta di leggende metropolitane

Leggende metropolitane: chi le inventa? Come si propagano? Perché a volte non si riescono a smentire? «Perché parlano di noi e del nostro inconscio», spiega l’esperto Fabio Caironi.
Ci sono storie troppo belle per essere vere. James Dean non è morto; Elvis Presley vive a Massagno; se mangi gli spinaci diventi forte come Popeye. Oppure storie scabrose, tragiche, conturbanti: Nicolas Cage è un vampiro; Marilyn Monroe aveva sei dita dei piedi; quest’anno avverrà la fine del mondo.
Sono leggende metropolitane, ovvero una diceria abbastanza verosimile ma fasulla e dotata di un’energia che la fa viaggiare con il passaparola.  
Pubblicato su Azione