Non
vogliamo bambini di gesso
La culla degli obbedienti, di Francesca Mandelli, porta riflessioni sui rapporti tra educazione e potere
Negli anni Settanta Sergio Endrigo
cantava la canzone del bambino di gesso, che ‘stava dove lo
avevano messo, non sporcava i pavimenti, si lavava sempre i denti,
non diceva parolacce, non faceva le boccacce’. La canzone era
per genitori che si ribellavano ai sistemi educativi dell’anteguerra,
che la facevano ascoltare ai loro bambini. Il Sessantotto e le
rivoluzioni pedagogiche hanno modificato radicalmente il modo di
crescere i figli, di lasciarli essere ‘quello che volevano’ e
anche il modo di fare scuola.
C’è però chi ancora oggi mette in
guardia contro i nuovi ‘bambini di gesso’: facciamo attenzione,
bisogna distinguere permissivismo e libertà, autoritarismo e
autorevolezza, contenimento e violenza, omologazione e
rassicurazione, educazione e obbedienza.
Perché poi, continua Endrigo, quel
bambino ‘ora grande è diventato, ma non è molto cambiato:
compitissimo, prudente, ossequioso, diligente. Se gli danno sulla
testa, dice grazie e non protesta.
Passa il giorno a fare inchini, non
ha buchi nei calzini’...
E per metterci tutti in guardia,
Francesca Mandelli ha appena scritto un libro.
Pubblicato su Azione