Pagliacci di Leoncavallo - le prove di un'opera lirica

Reportage Seguire le prove di un’opera lirica all’aperto con oltre 200 coristi è un’esperienza vorticosa, come stare dentro all’ingranaggio di un orologio colossale

Avete mai assistito alle prove di uno spettacolo con centinaia di figuranti che corrono di qua e là? E il regista in mezzo che dà istruzioni con il microfono? Aggiungetevi un gruppo di bambini, un direttore d’orchestra, tre maestri di coro che rincorrono i cantanti con gli spartiti sotto braccio, quattro solisti star della lirica, i loro assistenti, i tecnici, gli scenografi, i maestri di scena, le segretarie di produzione… il tutto in una grande arena all’aria aperta, con il sole negli occhi di giorno e i fari puntati di notte… Ecco, vi siete fatti un’idea di quello che sta succedendo a Como, accanto al Teatro Sociale, per la messa in scena dei Pagliacci di Ruggero Leoncavallo in cartellone questa settimana.

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Il Camino di Santiago di Compostela per tutti, anche per disabili in carrozzella

La società tratta l’essere disabile sempre meno come una condanna, sempre di più come una caratteristica della persona. Lo dice Pietro Scidurlo, paraplegico dalla nascita a causa di un errore medico.
Ha fondato la Free Wheels onlus, associazione che fornisce aiuto, tutela e sostegno ai disabili e alle loro famiglie, si occupa di abbattere barriere fisiche e mentali e di mappare percorsi per persone con disabilità. Ha scritto una guida, appena uscita nell’edizione Terre di Mezzo, sul Cammino di Santiago de Compostela, per tutti, anche per persone con problemi fisici o sensoriali: disabili motori, non vedenti, ipovedenti, audiolesi, dializzati e trapiantati.
Questo libro indica ogni preparativo per il viaggio, da come scegliere a come preparare la sedia a rotelle e fornisce ogni sorta di indicazione utile per consentire a chiunque di vivere l’esperienza del Cammino: un elenco dei luoghi in cui si trovano i centri di dialisi, indicazioni dettagliate sugli albergue (locande, ostelli, posti letto) e i luoghi di interesse turistico o religioso, riguardo l’accessibilità per disabili.
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Transiberiana: da Vladivostok a Mosca in treno

In Russia c’ero stata la prima volta un’estate nel 1998. A cercare cosa? Sicuramente Anna Karenina, il grosso gatto Begemot, un’orchestrina di strada, qualche domatore di orsi e la sensazione di estraneità. Li avevo trovati, fra la polvere e l’inflazione di quell’anno disgraziato, una cantante lirica che mi faceva da mamma e le sue torte al formaggio: pizza Kavkas e, sul giradischi, la Tosca. Avevo 19 anni e studiavo russo. Le mie amiche mi chiedevano: Perché non spagnolo?
In Russia ci sono di nuovo, adesso, con mio marito, nell’autunno del 2014, per attraversala in treno e per assaggiare il tempo di quel pezzo d’Europa che arriva fino al Giappone. Vogliamo arrivare a Vladivostok e non capire niente, vogliamo scoprire se lì la gente ha gli occhi a mandorla, vogliamo passare lentamente il dito su tutta la Siberia che ci sfila dal finestrino, con pazienza orientale, bevendo mille e una tazze di tè prima di arrivare a Mosca. 

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Fotografia di Andrea Guidicelli 

Fondazione Theodora: le Dottoresse sogni negli ospedali svizzeri

Visita di un reparto di pediatria in compagnia di due clown

Fare ridere è solo una delle attività che svolgono le artiste professioniste della Fondazione Theodora, chiamate dottoresse Sogni. Tale Fondazione esiste perché molto tempo fa un bambino come tanti altri è dovuto andare in ospedale per un periodo abbastanza lungo. Il suo unico sollievo consisteva nelle visite della madre, che aveva uno spiccato senso teatrale: si chiamava Theodora ed era capace di fare ridere e sorridere suo figlio dimenticandosi per un attimo dov’era, a quale rigido programma di cure era sottoposto. Una volta adulto, quel bambino ha creato la Fondazione insieme con suo fratello chiamandola come la loro mamma. Era il 1993 e negli ospedali svizzeri iniziava una fantastica esperienza che oggi si è diffusa in molti altri paesi, come la Turchia, la Gran Bretagna, l’Italia, la Francia, la Spagna, Hong Kong e la Bielorussia.

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Fotografia di Stefano Spinelli

L'amore di clausura: la vita delle monache carmelitane di Locarno

 Non si può entrare; nascosta è la loro vita. Le monache carmelitane del Monastero di San Giuseppe, sui Monti di Locarno, abitano vicino al Santuario della Madonna del Sasso, in una casa bassa che non osa nascondere la magnifica vista sul golfo di Locarno, sul lago, sulla natura di alberi e montagne che ha davanti. Non vedo il giardino ma so che c’è un orto, piante e un frutteto. So che d’estate le monache vanno a leggere, pensare, raccogliersi, passeggiare. A volte in uno spiazzo d’erba mettono le sedie in cerchio e cuciono o parlano o leggono.
Io le incontro dietro una grata, simbolo del loro stare “da un’altra parte”, invisibili, intensamente concentrate sulla preghiera. Non può esserci chiasso dove si cerca una comunicazione, un amore, una famiglia fatta di luce. Mi offrono biscotti sfornati ieri sera, buonissimi, e il tè, servito in graziose tazze antiche e tutto, la zuccheriera, i cucchiaini, il vassoio ricoperto da un piccolo pizzo, tutto dimostra una cura speciale per ogni cosa. A ogni mia domanda paiono rispondere con una poesia.
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Yul Brynner, svizzero, russo, americano... attore


Calvo e affascinante

Il Premio Oscar 1957 è considerato americano, è nato in Russia e le sue origini sono svizzere

Mi trovo nell’Estremo Oriente russo, a Vladivostok, e mi imbatto in una storia che mi diverte e mi pare straordinaria: in un museo è affisso un cartellone cinematografico degli anni Sessanta con le scritte in cirillico che annunciano il nuovo western americano dell’anno; la star del film è Yul Brynner, nato a Vladivostok, di origini svizzere.
Dentro al museo cittadino scopro che cento anni fa il nonno dell’attore è partito dal Canton Friburgo per far fortuna in Asia ed è poi diventato una personalità di rilievo nella città russa più orientale che c’è. Decido di indagare.
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Felice Varini e l'invisibile. Una nuova opera a Bellinzona nella sede di BancaStato

 
Cerco di vivere il più possibile e la vita è stata la mia maestra’, sorride misteriosamente l’artista, mentre con jeans sportivi e camicia elegante attraversa gli spazi, sale le scale, scruta i muri, traccia linee, dipinge con l’acrilico, esce a cercare un tubetto di colore per i ritocchi.
Non si svela molto, Felice Varini, preferisce che sia la sua opera a parlare al suo posto. E allora guardiamo cosa fa. BancaStato, allo scoccare dei suoi cento anni di esistenza, per la propria sede di viale Guisan a Bellinzona, ha commissionato un’opera all’artista locarnese che da molti anni vive a Parigi e che in tutto il mondo ha disseminato le sue forme inconfondibili.
Usare un ambiente costruito come il pittore usa la sua tela bianca è un’azione particolare, propria di tutto il lavoro di Varini e sulla quale si potrebbe ragionare moltissimo. Meglio però sperimentarla.
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