Cosa sta succedendo in Kazakistan, tra distacco dalla Russia, nuovi rischi e nuove possibilità

 


Reportage dal Kazakistan - seconda parte


Dall’8 al 13 settembre si è svolto il grande raduno dei Giochi Nomadi ad Astana, capitale del Kazakistan. Quello che ho trovato là, mentre mi interessavo di tiro con l’arco da un cavallo al galoppo e mi dilettavo di fronte al lancio della carcassa di una capra morta, è stato molto di più che una festa per celebrare la cultura nomade delle steppe. Questi giochi rientrano nel quadro di una situazione molto particolare che sta vivendo la regione ex Sovietica dell’Asia Centrale: nazioni come il Kazakistan (Uzbekistan, Turkmenistan, Tagikistan e Kirghizistan) esistono appena da una trentina di anni in quanto stati indipendenti.

Ci troviamo dunque nel bel mezzo di un atto di creazione complicato, che porta questi popolo a interrogarsi sulla propria identità e sulla strada da percorrere.

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Andri Marugg e i Nomad Games in Kazakistan

 


Reportage dal Kazakistan - prima parte

Sono andata alla ricerca dei nomadi, gente che viaggia leggera; li ho trovati nel cuore della steppa e in Engadina.

Quando lo chiamo, Andri Marugg per parlarmi deve andare in fondo a un prato, sul suo alpe sopra Zuoz, e urlare anche un po’ nel vento: «Io tiro con l’arco dal cavallo al galoppo! Tra un mese vado a fare una gara in Kazakistan... ci vediamo lì?». Ci vediamo lì.

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Quaderno della Monteforno. Un racconto di fabbrica

 

Quaderno della Monteforno. Un racconto di fabbrica, il nuovo libro di Sara Rossi Guidicelli, edizioni Iet

Questo libro, disponibile da settembre nelle librerie, parla di una fabbrica ticinese del Novecento, l'acciaieria attiva a Bodio, in Valle Leventina, dal 1946 al 1994 (quest'anno ricorre il trentesimo dalla sua chiusura). Vi si trovano storie di immigrazione, di lavoro, sudore, operai, mogli, figli, ristoratori, sindacalisti e responsabili del personale: un racconto corale che non ha la pretesa storica di "spiegare la Monteforno", ma che segue il filo umano, emotivo e poetico per parlare di un'epoca, tra mondo del lavoro e sogni personali. L'autrice fa rivivere il rosso delle montagne di Bodio (il ferro che usciva dai camini si posava sulle piante dando un tocco di autunno perpetuo), i mercoledì pomeriggio dei bambini del paese, a frugare tra i rottami per costruirsi una bicicletta, il treno che portava giovani ragazzi meridionali abituati alla luce fra le nostre aspre montagne, le lettere trovate nel cassetto di un operaio...

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Spazio L'ove - cultura indipendente a Lugano

 

L’esperienza della Straordinaria Tour Vagabonde è stata un detonatore: grazie a una torre di legno ci si è accorti che era possibile avere in città un luogo dove andare, magari senza spendere niente, senza badare al vestito e senza uno scopo preciso: semplicemente dove andarci per vivere.

Ora si dice che in Città c’è un vuoto, che mancano gli spazi della cultura indipendente. Se ne parla molto, ma... qui dove sono oggi c’è una sacca di resistenza. Lo Spazio L’ove ha una programmazione che propone spettacoli teatrali, performance musicali, conferenze, mostre d’arte, proiezioni di film, presentazioni di libri e soprattutto è un luogo di creazione artistica; funge da ritrovo per altre associazioni, ha accolto Radio Gwendalin, #cine Lugano vi ha trovato una casa. Ma è lo scambio umano che rende questo salotto uno dei più preziosi che vi siano ora in città.

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Elefanti in giardino, di Meral Kureyshi, pubblicato in italiano da Dadò Editore

 



Baba dice: Se qualcuno ti tira pietre, tu dagli del pane. Baba è il papà della protagonista, che dedica il suo racconto al padre, che è dentro una bara, che è dentro la terra.

L’autrice, Meral Kureyshi, si è presentata davanti alle ragazze del Liceo di Lugano 2 precisando subito che, nonostante spesso una certa critica la definisca “una giovane donna che scrive di migrazione in un romanzo autobiografico”, lei preferisce dire semplicemente che si occupa di letteratura. E questo è l’errore che sovente si tende a commettere: incasellare gli artisti. «Mi sento una persona che scrive, mi diverto a scrivere, scrivo di quello che so e che mi tocca, mescolando ciò che ho vissuto io o quello che hanno vissuto altre persone. Il mio è un libro su un padre meraviglioso, divertente, pieno di difetti, che muore e lascia un grande vuoto in una famiglia scapestrata, sghemba, che arriva dal Kosovo, parla turco e cerca di capire come iniziare una nuova vita in Svizzera. Certo, ci sono molti elementi autobiografici, ma anche tanti miscugli con altre storie e con la mia fantasia. La verità mi ha sempre annoiata: quando scrivo gioco, provo piacere a lasciarmi condurre dalla scrittura, che a volte mi porta lontana dalla prima realtà che avevo in mente e mi mette davanti un’altra realtà, che accolgo con meraviglia».

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Fotografia di Matthias Günter 

Pubblicato su Ticino7, aprile 2024