In Russia c’ero stata la prima volta
un’estate nel 1998. A cercare cosa? Sicuramente Anna Karenina, il
grosso gatto Begemot, un’orchestrina di strada, qualche domatore di
orsi e la sensazione di estraneità. Li avevo trovati, fra la polvere
e l’inflazione di quell’anno disgraziato, una cantante lirica che
mi faceva da mamma e le sue torte al formaggio: pizza Kavkas e, sul
giradischi, la Tosca. Avevo 19 anni e studiavo russo. Le mie amiche
mi chiedevano: Perché non spagnolo?
In Russia ci sono
di nuovo, adesso, con mio marito, nell’autunno del 2014, per
attraversala in treno e per assaggiare il tempo di quel pezzo
d’Europa che arriva fino al Giappone. Vogliamo arrivare a
Vladivostok e non capire niente, vogliamo scoprire se lì la gente ha
gli occhi a mandorla, vogliamo passare lentamente il dito su tutta la
Siberia che ci sfila dal finestrino, con pazienza orientale, bevendo
mille e una tazze di tè prima di arrivare a Mosca.
Pubblicato su Imprese e Città
Fotografia di Andrea Guidicelli
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