Che cosa è il coworking? L'esempio dello Spazio 1929 di Lugano

Indipendenti, unitevi!
Oggigiorno tanti giovani vivono così: lavorano qua e là. Si inventano uno, due, tre mestieri. Stanno in proprio perché nessuno li assume, perché ormai sono abituati alla libertà, perché mettono insieme lavori diversi. Hanno professioni nelle arti grafiche, nel settore della comunicazione, nei servizi informatici; sono artisti part time, fanno qualche traduzione per sopravvivere, compilano domande di sussidi per i loro progetti. Sono a casa, collegati a internet, seduti alla scrivania, sul divano, sul letto, perché non possono permettersi un ufficio da soli. A volte sono precari, isolati, si alzano al mattino e guardano la posta prima di fare colazione. Capita che non escano per un giorno intero; e quando hanno bisogno di un collega non sanno chi chiamare.
Nel 2005 a San Francisco alcuni di questi, non potendone più, hanno inventato un modello di ufficio nuovo che ora si sta espandendo rapidamente in tutto il mondo, in particolare nelle grandi città: il coworking.
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Pubblicato su Azione

2 commenti:

Gisella Germani Mazzi ha detto...

Ho appena letto questo articolo su Azione e sono rimasta sconcertata.
Perché scrivere "fanno qualche traduzione per sopravvivere", facendo passare il messaggio che i traduttori vivono praticamente di espedienti? Trovo che questa affermazione sia lesiva della professionalità di chi, come me, di questo mestiere VIVE da oltre 10 anni.
Chi "fa traduzioni" per sopravvivere non è un professionista. Punto. Per fare questo mestiere non basta conoscere le lingue e avere un dizionario a portata di mano: bisogna studiare e continuare ad aggiornarsi, conoscere la cultura dei Paesi in cui le lingue di lavoro vengono parlate, saper scrivere e riuscirsi a immedesimare in una mentalità diversa dalla propria, per non parlare poi della capacità di fare marketing (ovvero di vendersi al meglio). Un traduttore indipendente è un vero e proprio imprenditore, non un povero sfigato che tira a campare.
La pregherei quindi di voler rettificare quanto ha scritto: di traduzione si può vivere e anche bene, se si esercita questo mestiere con professionalità.

Sara Rossi Guidicelli ha detto...

...ci siamo capite e chiarite. I traduttori sono professionisti che fanno il loro mestiere, come i giornalisti, i dottori, i grafici e tutti gli altri. Nell'articolo qui parliamo dei precari di tutto il mondo che appena usciti dall'università si arrabattano ad eseguire piccoli lavori, molto diversi tra i loro, i quali talvolta consistono anche nel tradurre qualche cosa. Non si parlava quindi della categoria dei traduttori, e men che meno si insinuava che questi vivono di espedienti, solo si faceva un esempio di "lavoretto" possibile per tirare avanti quando sai due lingue e hai compiuto studi umanistici: io facevo guardia sale, correggevo le bozze a qualcuno, mi occupavo part time di un ufficio stampa, scribacchiavo su un giornale... tutto senza competenze specifiche! Poi ho avuto la fortuna di specializzarmi e imparare un mestiere, che come dice Gisella, è tutt'altra cosa!
Mi scuso quindi con tutti quelli che si sono sentiti offesi come se dicessi che non sono dei professionisti. Buona giornata, Sara