Giovanni Orelli, scrittore e poeta contadino di Bedretto. Dalla valanga alla città di Lugano


 «Nel 1601, Keplero, l’astronomo tedesco che allora aveva trent’anni e neanche un soldo, regalò al suo migliore amico un fiocco di neve, perché se lo guardi è bello come un diamante. Ma quando i fiocchi diventano miliardi e poi diventano una valanga, allora non stiamo più parlando di gioielli. Io ero stufo di vedere neve e nel 1951 ci faceva anche paura. In marzo ci fu l’evacuazione». Giovanni Orelli ci porta nel suo studio, che non è nella casa di un esiliato, ma il posto dove vive, nella città che ormai è diventata la sua da oltre mezzo secolo, Lugano.
Siamo venuti per parlare con lo scrittore di Bedretto del suo rapporto con la montagna, senza sentimentalismi, tenendo insieme tutta la complessità di qualcuno che conosce più ambienti, più culture, che conosce l’andarsene e l’arrivare. Pensiamo che un’identità sia fatta di molte cose: è importante dove siamo nati, come siamo cresciuti, che cosa riempiva i nostri occhi e le nostre orecchie da bambini; e poi importa come tutto questo, durante il viaggio nell’età adulta, sia rimasto spiegazzato in valigia oppure sia stato tirato fuori, e come, e quando, e da chi. E se è diventato poesia, ricchezza e saggezza, come nel caso di Orelli, allora ci interessa ancora di più.

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Fotografia di Mathias Muheim
Pubblicato su Rivista 3valli

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