Il 4 ottobre di un anno fa
125mila firme sono state depositate a Palazzo Federale a Berna e tra
tre anni gli svizzeri voteranno per o contro l’iniziativa sul
Reddito incondizionato, che è una forma di ‘piccolo’ salario
(ancora non si sa a quanto può ammontare, ma gli iniziativisti
parlano di 2000-2500 franchi) che ha la caratteristica di essere
distribuita a tutti i cittadini, ricchi o poveri che
siano. Chi la definisce un’utopia realizzabile, chi ne parla come
il cambiamento sociale del XXIesimo secolo, chi la paragona a novità
che un tempo sembravano assurde come l’abolizione della schiavitù,
l’introduzione del riposo domenicale, l’Avs, le otto ore di
lavoro, il suffragio universale e via dicendo.
«L’economia non è un comparto
separato, anche lei deve essere sottoposta a riflessioni etiche»: è
un fondamento del pensiero di Philippe Van Parijs, professore alla
Facoltà di scienze economiche, sociali e politiche dell’Università
cattolica di Lovanio (Louvain), di cui anima la Cattedra di etica
economica e sociale fin dalla sua creazione nel 1991. Van Parijs è
conosciuto in Europa soprattutto come principale sostenitore della
proposta di introduzione di un reddito di base.
Pubblicato su laRegione Ticino
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