Viaggio in Libano: Beirut vive

 «Quando sentiamo che in Svizzera si parla di ‘immigrazione di massa’ a noi, qui in Libano, fa un po’ sorridere...». Laurent è operatore umanitario, vive in Libano da un paio di anni e sua moglie, ricercatrice all’Università di Beirut, aspetta un bambino. Sono svizzeri e appassionati di Medioriente, parlano arabo molto bene e ne studiano ogni aspetto: lei più da punto di vista storico, lui sul terreno, tra le pieghe dell’attualità.
Su un terrazzo al dodicesimo piano di Ashrafie, quartiere cristiano della capitale, ci raccontano il loro Libano. Ci sono moltissimi problemi e grandissima gentilezza. La gente parla tutte le lingue, oltre all’arabo soprattutto francese e inglese, ognuno si veste come vuole e si paga ugualmente in dollari o in lire libanesi: camerieri e commercianti danno il resto nell’una o nell’altra valuta, senza mai sbagliare. Laurent ci dice che all’inizio controllava sempre, poi ha smesso. Aline invece ci mostra come è stato addobbato l’atrio di casa loro: con un abete scintillante e poco lontano una mezzaluna illuminata.

Pubblicato su la Regione Ticino

Marco Rodari, il Pimpa: un clown in Medio Oriente

Primo giorno in ospedale, Gaza. Arrivano decine e decine di ambulanze che scaricano pezzi di uomo, di donna, di bambino. I medici si trovano a dover scegliere chi provare a salvare, e quindi chi lasciare morire. I corridoi sono intasati, i cadaveri non si riescono a portare fuori dall’ospedale, nessuno riesce più a pensare, a lavorare, non c’è tempo, non ci sono strumenti per tutti. A un certo punto da un’ambulanza scende una bambina. Cammina sulle proprie gambe. Ha una ferita all’addome, guaribile. Il chirurgo la opera. L’operazione riesce. Tutti finalmente sentono una soddisfazione che non credevano più possibile. Però. Però non è finita. La bambina non parla. Curate le ferite del corpo, restano le ferite dell’anima.
Entra il Pimpa. Ha un naso rosso, niente altro. Forse un pezzo di carta, una cordicina, qualche piccolo minuscolo oggetto da mago. Le si avvicina in punta di piedi, lei lo guarda e sorride. Lui vuole giocare con lei, lei accetta. E ricomincia a parlare.
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Pubblicato su Azione

Foto di Yazan David

Festival del film Locarno: l'Industry Office



 
L’industria del Cinema

Festival di Locarno La parte pratica dei film

Ci fa notare Nadia Dresti che al giorno d’oggi è più facile produrre un film che farlo girare nelle sale. E non solo in Svizzera, ovunque: «I film che arrivano per partecipare al Festival del film Locarno sono sempre di più. Trovare un distributore è più difficile che ottenere finanziamenti! Ecco perché c’è bisogno di riflettere: quale film fare, come farlo, che linguaggio usare. Bisogna riuscire ad attirare il pubblico proponendo idee originali, nuove, attrattive» illustra la responsabile del settore Industry del Festival.
Nadia Dresti, delegata della Direzione artistica e responsabile delle attività internazionali, recentemente promossa anche alla carica di vice Direttore artistico, fa un mestiere per il quale non solo la competenza è importante ma, per usare le sue parole, «se non sei simpatico, sei fregato».

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Doris De Agostini campionessa di sci



'Ho sciato per la mia gente'

Doris De Agostini ci racconta come ricorda il periodo in cui era la prima ticinese a diventare campionessa mondiale di discesa sugli sci

È elegante lei, sono eleganti la sua casa e il suo modo di pensare. Chiacchieriamo in salotto, bevendo sciroppo di sambuco preparato in casa. Doris De Agostini, oggi sposata Rossetti, fa anche questo: lo sciroppo. Le mostro le vecchie riviste 3valli: 1976, 1977, 1978 e 1979... si continuava a parlar di lei, dopo gli allenamenti estivi, prima delle gare in autunno, durante i successi invernali, dopo i successi in primavera... Si guarda senza malinconia, sorridente, naturale.
Da giovane, molto giovane, è stata una promessa dello sci che si è poi avverata: Doris ha vinto, lo sappiamo bene, otto vittorie in Coppa del Mondo, la Coppa del Mondo di discesa libera del 1983 e la medaglia di bronzo vinta ai Mondiali disputati a Garmisch-Partenkirchen nel 1978. 

Pubblicato su Rivista 3valli

Pagliacci di Leoncavallo - le prove di un'opera lirica

Reportage Seguire le prove di un’opera lirica all’aperto con oltre 200 coristi è un’esperienza vorticosa, come stare dentro all’ingranaggio di un orologio colossale

Avete mai assistito alle prove di uno spettacolo con centinaia di figuranti che corrono di qua e là? E il regista in mezzo che dà istruzioni con il microfono? Aggiungetevi un gruppo di bambini, un direttore d’orchestra, tre maestri di coro che rincorrono i cantanti con gli spartiti sotto braccio, quattro solisti star della lirica, i loro assistenti, i tecnici, gli scenografi, i maestri di scena, le segretarie di produzione… il tutto in una grande arena all’aria aperta, con il sole negli occhi di giorno e i fari puntati di notte… Ecco, vi siete fatti un’idea di quello che sta succedendo a Como, accanto al Teatro Sociale, per la messa in scena dei Pagliacci di Ruggero Leoncavallo in cartellone questa settimana.

Pubblicato su Azione

Il Camino di Santiago di Compostela per tutti, anche per disabili in carrozzella

La società tratta l’essere disabile sempre meno come una condanna, sempre di più come una caratteristica della persona. Lo dice Pietro Scidurlo, paraplegico dalla nascita a causa di un errore medico.
Ha fondato la Free Wheels onlus, associazione che fornisce aiuto, tutela e sostegno ai disabili e alle loro famiglie, si occupa di abbattere barriere fisiche e mentali e di mappare percorsi per persone con disabilità. Ha scritto una guida, appena uscita nell’edizione Terre di Mezzo, sul Cammino di Santiago de Compostela, per tutti, anche per persone con problemi fisici o sensoriali: disabili motori, non vedenti, ipovedenti, audiolesi, dializzati e trapiantati.
Questo libro indica ogni preparativo per il viaggio, da come scegliere a come preparare la sedia a rotelle e fornisce ogni sorta di indicazione utile per consentire a chiunque di vivere l’esperienza del Cammino: un elenco dei luoghi in cui si trovano i centri di dialisi, indicazioni dettagliate sugli albergue (locande, ostelli, posti letto) e i luoghi di interesse turistico o religioso, riguardo l’accessibilità per disabili.
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Transiberiana: da Vladivostok a Mosca in treno

In Russia c’ero stata la prima volta un’estate nel 1998. A cercare cosa? Sicuramente Anna Karenina, il grosso gatto Begemot, un’orchestrina di strada, qualche domatore di orsi e la sensazione di estraneità. Li avevo trovati, fra la polvere e l’inflazione di quell’anno disgraziato, una cantante lirica che mi faceva da mamma e le sue torte al formaggio: pizza Kavkas e, sul giradischi, la Tosca. Avevo 19 anni e studiavo russo. Le mie amiche mi chiedevano: Perché non spagnolo?
In Russia ci sono di nuovo, adesso, con mio marito, nell’autunno del 2014, per attraversala in treno e per assaggiare il tempo di quel pezzo d’Europa che arriva fino al Giappone. Vogliamo arrivare a Vladivostok e non capire niente, vogliamo scoprire se lì la gente ha gli occhi a mandorla, vogliamo passare lentamente il dito su tutta la Siberia che ci sfila dal finestrino, con pazienza orientale, bevendo mille e una tazze di tè prima di arrivare a Mosca. 

Pubblicato su Imprese e Città
Fotografia di Andrea Guidicelli 

Fondazione Theodora: le Dottoresse sogni negli ospedali svizzeri

Visita di un reparto di pediatria in compagnia di due clown

Fare ridere è solo una delle attività che svolgono le artiste professioniste della Fondazione Theodora, chiamate dottoresse Sogni. Tale Fondazione esiste perché molto tempo fa un bambino come tanti altri è dovuto andare in ospedale per un periodo abbastanza lungo. Il suo unico sollievo consisteva nelle visite della madre, che aveva uno spiccato senso teatrale: si chiamava Theodora ed era capace di fare ridere e sorridere suo figlio dimenticandosi per un attimo dov’era, a quale rigido programma di cure era sottoposto. Una volta adulto, quel bambino ha creato la Fondazione insieme con suo fratello chiamandola come la loro mamma. Era il 1993 e negli ospedali svizzeri iniziava una fantastica esperienza che oggi si è diffusa in molti altri paesi, come la Turchia, la Gran Bretagna, l’Italia, la Francia, la Spagna, Hong Kong e la Bielorussia.

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Fotografia di Stefano Spinelli

L'amore di clausura: la vita delle monache carmelitane di Locarno

 Non si può entrare; nascosta è la loro vita. Le monache carmelitane del Monastero di San Giuseppe, sui Monti di Locarno, abitano vicino al Santuario della Madonna del Sasso, in una casa bassa che non osa nascondere la magnifica vista sul golfo di Locarno, sul lago, sulla natura di alberi e montagne che ha davanti. Non vedo il giardino ma so che c’è un orto, piante e un frutteto. So che d’estate le monache vanno a leggere, pensare, raccogliersi, passeggiare. A volte in uno spiazzo d’erba mettono le sedie in cerchio e cuciono o parlano o leggono.
Io le incontro dietro una grata, simbolo del loro stare “da un’altra parte”, invisibili, intensamente concentrate sulla preghiera. Non può esserci chiasso dove si cerca una comunicazione, un amore, una famiglia fatta di luce. Mi offrono biscotti sfornati ieri sera, buonissimi, e il tè, servito in graziose tazze antiche e tutto, la zuccheriera, i cucchiaini, il vassoio ricoperto da un piccolo pizzo, tutto dimostra una cura speciale per ogni cosa. A ogni mia domanda paiono rispondere con una poesia.
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Yul Brynner, svizzero, russo, americano... attore


Calvo e affascinante

Il Premio Oscar 1957 è considerato americano, è nato in Russia e le sue origini sono svizzere

Mi trovo nell’Estremo Oriente russo, a Vladivostok, e mi imbatto in una storia che mi diverte e mi pare straordinaria: in un museo è affisso un cartellone cinematografico degli anni Sessanta con le scritte in cirillico che annunciano il nuovo western americano dell’anno; la star del film è Yul Brynner, nato a Vladivostok, di origini svizzere.
Dentro al museo cittadino scopro che cento anni fa il nonno dell’attore è partito dal Canton Friburgo per far fortuna in Asia ed è poi diventato una personalità di rilievo nella città russa più orientale che c’è. Decido di indagare.
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Felice Varini e l'invisibile. Una nuova opera a Bellinzona nella sede di BancaStato

 
Cerco di vivere il più possibile e la vita è stata la mia maestra’, sorride misteriosamente l’artista, mentre con jeans sportivi e camicia elegante attraversa gli spazi, sale le scale, scruta i muri, traccia linee, dipinge con l’acrilico, esce a cercare un tubetto di colore per i ritocchi.
Non si svela molto, Felice Varini, preferisce che sia la sua opera a parlare al suo posto. E allora guardiamo cosa fa. BancaStato, allo scoccare dei suoi cento anni di esistenza, per la propria sede di viale Guisan a Bellinzona, ha commissionato un’opera all’artista locarnese che da molti anni vive a Parigi e che in tutto il mondo ha disseminato le sue forme inconfondibili.
Usare un ambiente costruito come il pittore usa la sua tela bianca è un’azione particolare, propria di tutto il lavoro di Varini e sulla quale si potrebbe ragionare moltissimo. Meglio però sperimentarla.
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Il corpo a corpo non significa picchiare. Anche la boxe può avere un ruolo sociale


 I giocatori di pugni

La boxe, uno sport che da sempre affascina scrittori e registi mentre fa paura al grande pubblico, può avere un ruolo sociale utile

«Da tre anni vengo qui e non sono più lo stesso. Da quando ho cominciato a fare boxe non ho più voglia di picchiare nessuno». Fare pugilato, infatti, non è lo stesso che dare botte e qui te lo ripetono in continuazione. Siamo nella palestra di boxe e thai boxe di Lucio Gallicchio, il Boxing Team Luganese, da alcuni anni trasferitosi da Massagno a Cadro. Un ex garage rimesso a nuovo in modo accogliente, con molto legno, un bel divano all’antica, una palestra con i macchinari per gli esercizi, tanti sacchi duri appesi al soffitto e un ring sopraelevato per gli incontri di boxe.
Alexandra ha scritto un libro dedicato a questa palestra e al suo gestore: «Una mia collega mi diceva: sei nervosa, fai boxe! Io cercavo di calmarmi con lo yoga, prendevo peso e non riuscivo mai a rilassarmi veramente. Mi sono iscritta di nascosto a un corso di pugilato e sono cambiata da così a così. Trattenevo la rabbia, ora incanalo le mie energie, conosco il mio corpo, sono dimagrita, sono più sicura di me stessa e ho più rispetto per quello che sono... tutto questo è positivo per me ma anche per tutti quelli che mi incontrano!». 

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David Larible, il clown dei clown, con il Circo Knie in Svizzera nel 2014


David Larible è – come quasi tutti nel circo – figlio d’arte. La sua famiglia lavora nel circo da sette generazioni di acrobati, giocolieri, musicisti, pagliacci. Suo nonno, francese, è nato a Martigny nel 1901, un giorno che erano in Svizzera in tournée, con il carrozzone e i cavalli e per la bisnonna era giunto il momento di partorire. Suo papà e lui stesso invece sono nati in Italia. ‘Anche tra il pubblico ci sono le varie generazioni, mi fa notare lui. Guarda lì (indica con la mano): vengono le nonne con le loro figlie e i nipotini. Questo è bellissimo’. Larible parla sei lingue molto bene e con noi naturalmente usa la sua lingua madre: l’italiano.
È un clown, lui, che quando va in giro si porta qualche chilo di buona pasta italiana e gli ingredienti per cucinare i sughi che gli piacciono di più; prende anche parecchi libri, perché legge un po’ di tutto, da Marquez a Hesse a Pirandello ai romanzi gialli; e la sua famiglia.
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Foto di Andrea Guidicelli

Philippe Van Parijs e il reddito di base incondizionato (o universale)


Il 4 ottobre di un anno fa 125mila firme sono state depositate a Palazzo Federale a Berna e tra tre anni gli svizzeri voteranno per o contro l’iniziativa sul Reddito incondizionato, che è una forma di ‘piccolo’ salario (ancora non si sa a quanto può ammontare, ma gli iniziativisti parlano di 2000-2500 franchi) che ha la caratteristica di essere distribuita a tutti i cittadini, ricchi o poveri che siano. Chi la definisce un’utopia realizzabile, chi ne parla come il cambiamento sociale del XXIesimo secolo, chi la paragona a novità che un tempo sembravano assurde come l’abolizione della schiavitù, l’introduzione del riposo domenicale, l’Avs, le otto ore di lavoro, il suffragio universale e via dicendo.
«L’economia non è un comparto separato, anche lei deve essere sottoposta a riflessioni etiche»: è un fondamento del pensiero di Philippe Van Parijs, professore alla Facoltà di scienze economiche, sociali e politiche dell’Università cattolica di Lovanio (Louvain), di cui anima la Cattedra di etica economica e sociale fin dalla sua creazione nel 1991. Van Parijs è conosciuto in Europa soprattutto come principale sostenitore della proposta di introduzione di un reddito di base.

Pubblicato su laRegione Ticino

Proiezionisti del Festival del Film Locarno e vecchie pellicole


L’uomo nell’ombra è quello che fa luce. Se ne sta nella sua stanza, in fondo alla sala da cinema, da solo; lontano dai riflettori: è lui il riflettore e gli piace così.
I proiezionisti sono uomini discreti, non cercano la folla, sono artigiani. Amano la pellicola, il suo rumore, la sua fragilità e la sua potenza. Ci accolgono nei loro loculi scuri, sono sorridenti e contenti di parlare; ma poi, quando devono far partire il film, ci congedano con gentilezza e si vede che tornano volentieri al loro lavoro concentrato, appartato, taciturno.
Il papà di Jean-Michel era proiezionista pure lui, così da bambino un giorno lo ha portato con sé a vedere Robin Hood dalla cabina di proiezione. Poi ogni anno, per Natale, prendeva il figlio al lavoro e insieme vedevano il nuovo cartone animato di Wald Disney. Jean-Michel guardava un po’ il film e un po’ suo papà.  

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Foto di Stefano Spinelli
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Ioana Butu burattinaia rumena in Ticino



Ioana Buţu, migliore amica del cane Peo e di molti altri burattini, ci racconta che cosa significa per lei ‘animare gli oggetti’

Partiamo dai ricordi. Ioana Buţu, nata a Sibiu, bellissima cittadina nel cuore della Romania, aveva quattro anni quando ha infilato per la prima volta una mano in una calza e l’ha trasformata in un essere parlante. «Sono la minore di tre sorelle», racconta. «Però quando facevamo teatro ero io che comandavo: le mattine senza scuola prendevamo cucchiai di legno, gli dipingevamo la faccia e incollavamo capelli di lana; poi io creavo una storia, dicevo alle mie sorelle che cosa dovevano dire la sera, durante lo spettacolo che allestivamo in cortile. Facevamo così anche con le calze, che diventavano personaggi». E il teatrino? «Due sedie rovesciate e una coperta sopra!», ride allegra, questa attrice burattinaia arrivata negli anni Novanta dalla Romania nell’ambito di uno scambio culturale con il Teatro Dimitri.  

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Foto di Stefano Spinelli

Centro per rifugiati di Chiasso: «i richiedenti l'asilo ci fanno viaggiare sul posto»


Desideravo capire che tipo di mestiere è dirigere un Centro per Rifugiati e prendendo appuntamento con il direttore non avevo pensato di poter guardare io stessa qualche ora della vita che si svolge lì dentro. Antonio Simona saluta tutti con grande cordialità, ha la risata pronta e la sigaretta sempre in bocca. Stringe le mani con calore, quelle dei sorveglianti, dei colleghi, di chiunque si rivolge a lui. Mi mostra lo sportello dove arrivano i richiedenti l’asilo, per la maggior parte che viaggiavano in treno e portati lì dalle guardie di confine per la registrazione. Simona chiede: quanti ne sono arrivati oggi? Tre, gli dicono: uno dall’Egitto, uno dal Marocco, un altro dall’Eritrea.

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Fotografia di Stefano Spinelli  

Timerepublik, la banca del tempo da Lugano a New York con tappa in Brasile



TimeRepublik è una delle migliori piattaforme su internet: ci si scambia qualsiasi tipo di lavoro ed è stata fondata da due luganesi. Sul suo sito ci si iscrive, si definisce il proprio profilo a seconda di quali attività si è capaci di svolgere e si vuole mettere a disposizione. I talenti possibili sono 304, divisi in 62 sottocategorie e in 14 grandi settori: animali, arte, gastronomia, lavori domestici, mondo digitale, sport, salute e benessere... e più nello specifico troviamo aiuti che vanno da quello veterinario all’insegnante di discorsi in pubblico, dal traslocatore al consulente fiscale, dal massaggiatore al meccanico di bici.
Io so fare questo e lo offro; però ho bisogno di quello e lo prendo. Moneta di scambio: il tempo.

Vediamo come funziona.
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L'umiltà di studiare il cinese - Il Centro Culturale Cinese a Lugano e la sua fondatrice





Sta per compiere vent’anni il Centro Culturale Cinese di Lugano, voluto da Francesca Wölfler, che insieme con insegnanti e traduttori ha gettato un ponte tra due Paesi molto lontani...

Ha gli occhi a mandorla e a Napoli, dove è cresciuta, si è sempre sentita ‘fuori posto’. A Shanghai, invece, Francesca Wölfler dice che era come essere ‘veramente a casa’. L’origine dei leggeri tratti asiatici della sua famiglia è dovuta a un antenato dell’Est Europa, mentre lei è nata e vissuta fino all’età adulta in Italia. Voleva diventare medico, ma poi le cose sono andate altrimenti. Una motivazione profonda è affiorata e poi cresciuta in lei e Francesca si è ritrovata nella tranquilla e silenziosa isola in mezzo al caos di Napoli, che è la prestigiosa Università di Studi Orientali.

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Foto di Stefano Spinelli 

Una giornata al Tavolino Magico con Fra Martino Dotta


Sono lunghe le giornate di Fra Martino. E dense. Anche se ci ha fatto l’abitudine, anche se è attorniato da persone brave, competenti, generose, la realtà dentro la quale nuota il frate cappuccino di Montagnola è quella della povertà. La povertà di casa nostra, dunque quella più lontana da noi, quella che stentiamo a credere, perché la povertà, ci hanno insegnato, è sempre al di là del mare, o nelle metropoli, o dove c’è la guerra.
E invece no. Il fronte è anche qui e per un giorno, un mercoledì di luglio, cerchiamo di guardarlo con gli occhi di un religioso.

Pubblicato su Azione

Giovanni Orelli, scrittore e poeta contadino di Bedretto. Dalla valanga alla città di Lugano


 «Nel 1601, Keplero, l’astronomo tedesco che allora aveva trent’anni e neanche un soldo, regalò al suo migliore amico un fiocco di neve, perché se lo guardi è bello come un diamante. Ma quando i fiocchi diventano miliardi e poi diventano una valanga, allora non stiamo più parlando di gioielli. Io ero stufo di vedere neve e nel 1951 ci faceva anche paura. In marzo ci fu l’evacuazione». Giovanni Orelli ci porta nel suo studio, che non è nella casa di un esiliato, ma il posto dove vive, nella città che ormai è diventata la sua da oltre mezzo secolo, Lugano.
Siamo venuti per parlare con lo scrittore di Bedretto del suo rapporto con la montagna, senza sentimentalismi, tenendo insieme tutta la complessità di qualcuno che conosce più ambienti, più culture, che conosce l’andarsene e l’arrivare. Pensiamo che un’identità sia fatta di molte cose: è importante dove siamo nati, come siamo cresciuti, che cosa riempiva i nostri occhi e le nostre orecchie da bambini; e poi importa come tutto questo, durante il viaggio nell’età adulta, sia rimasto spiegazzato in valigia oppure sia stato tirato fuori, e come, e quando, e da chi. E se è diventato poesia, ricchezza e saggezza, come nel caso di Orelli, allora ci interessa ancora di più.

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Fotografia di Mathias Muheim
Pubblicato su Rivista 3valli

Che cosa è il coworking? L'esempio dello Spazio 1929 di Lugano

Indipendenti, unitevi!
Oggigiorno tanti giovani vivono così: lavorano qua e là. Si inventano uno, due, tre mestieri. Stanno in proprio perché nessuno li assume, perché ormai sono abituati alla libertà, perché mettono insieme lavori diversi. Hanno professioni nelle arti grafiche, nel settore della comunicazione, nei servizi informatici; sono artisti part time, fanno qualche traduzione per sopravvivere, compilano domande di sussidi per i loro progetti. Sono a casa, collegati a internet, seduti alla scrivania, sul divano, sul letto, perché non possono permettersi un ufficio da soli. A volte sono precari, isolati, si alzano al mattino e guardano la posta prima di fare colazione. Capita che non escano per un giorno intero; e quando hanno bisogno di un collega non sanno chi chiamare.
Nel 2005 a San Francisco alcuni di questi, non potendone più, hanno inventato un modello di ufficio nuovo che ora si sta espandendo rapidamente in tutto il mondo, in particolare nelle grandi città: il coworking.
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Pubblicato su Azione

Viaggio in Israele: Haifa, il kibbutz di Ein Gedi e l'asilo di Liun



Nei giorni in cui gli Stati Uniti minacciano la Siria che a sua volta minaccia Israele, in cui Putin si rivela più conciliante di Obama e il nuovo presidente dell’Iran Rohani dichiara di volere pace e amicizia con tutti i Paesi dell’area, incluso quello ebraico, Nir e Dana portano all’asilo per la prima volta la loro bambina Liun, di due anni e mezzo. Abitano a Haifa, città portuale sul mediterraneo a due ore da Tel Aviv. Haifa è grande, la si vede da lontano perché appena finisce il mare iniziano le colline su cui sorgono case, palazzi e i più bei giardini Bahai del mondo. La strada in cui vivono Nir, Dana e la piccola Liun è sporca, ma non solo di rifiuti che si accumulano e attirano gatti randagi, come molte città d’oriente: è anche sporca di fiori.


Pubblicato su laRegione Ticino

Il Museum of broken relationship di Zagabria

Una scatola d’incenso afrodisiaco, accompagnata dal commento dell’ex proprietario “Non funziona”, è il messaggio più conciso di tutta la collezione; quello più tenero: il foglio di un bambino di venti anni fa, con una dichiarazione d’amore per un’altra bambina, sua vicina nel pullman di fuggiaschi che lasciavano i Balcani in fiamme. Mai più rivista, mai dimenticata, e mai avvertita che una lettera d’amore era stata scritta per lei in quel furgone. E poi abiti da sposa mai indossati, tolti dal buio degli armadi e restituiti alla luce cicatrizzante del museo, fotografie staccate dai muri e scivolate nei cassetti, e ancora vagonate di peluche di dubbio gusto, rimasti i soli a credere alle promesse d’amore eterno ricamate sui loro maglioncini colorati. Amori frivoli, amori intensi, amori tragici. 
Tra le cattedrali che custodiscono la Storia, l’Arte e la Scienza, il piccolo museo di Zagabria apre qualche spioncino sulle vite delle persone comuni. Nella capitale croata, è la gente che fa il museo. Una trovata per guardoni? Forse, se per guardoni intendiamo chi ama le storie reali, piccole e quotidiane, magari anche molto interessanti, che possono svolgersi sotto le nostre finestre, nel tavolo a fianco mentre siamo al ristorante, e ora... anche al museo. 

Di Sara Rossi e Andrea Guidicelli, pubblicato su Azione

'Me l'ha detto mio cuggino'; Fabio Caironi racconta di leggende metropolitane

Leggende metropolitane: chi le inventa? Come si propagano? Perché a volte non si riescono a smentire? «Perché parlano di noi e del nostro inconscio», spiega l’esperto Fabio Caironi.
Ci sono storie troppo belle per essere vere. James Dean non è morto; Elvis Presley vive a Massagno; se mangi gli spinaci diventi forte come Popeye. Oppure storie scabrose, tragiche, conturbanti: Nicolas Cage è un vampiro; Marilyn Monroe aveva sei dita dei piedi; quest’anno avverrà la fine del mondo.
Sono leggende metropolitane, ovvero una diceria abbastanza verosimile ma fasulla e dotata di un’energia che la fa viaggiare con il passaparola.  
Pubblicato su Azione

Pierre Girard più succulento che mai con il suo 'Il banchiere non gradisce le bistecche'

Una nipote, uno zio. Lui (Charles) è un banchiere serissimo, avaro e secco iscritto all’Associazione di astemi, al Gruppo di semi-vegetariani, agli Amici della castità; voleva fare il missionario, ma aveva paura di sentire parolacce sulla nave. Lei (Poppée) è rosa e grassottella fin dalla nascita, ma quando si presenta al Maniero dello zio, ‘i porcini si moltiplicano giganteschi, le lepri, troppo grasse, cadono tra i ceppi, in casa si inciampa nei panieri di uova, i viticoltori vengono a cantare davanti alla cucina’ e il seno della nipote è diventato prorompente. Non sveleremo la trama della storia; basti dire che Charles è ossessionato dalla morale e Poppée dalle belle orecchie. E suo zio ne ha due perfette...

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Pubblicato su laRegione Ticino

Tirana dentro e fuori. Dieci anni di Edi Rama

I colori sono un po’ sbiaditi, ma Tirana continua a ricordare una tela di Kandinskij. La guardo da un balcone, un terrazzo fantastico al 13esimo piano di Torre Drin, in pieno centro. Sono a casa del console d’Italia, Susanna Schlein, 34 anni, cresciuta a Lugano in Svizzera e arrivata in Albania quasi due anni fa. Di lei spiccano due tratti del carattere: è un genio e sembra non saperlo. Quando ho saputo che si era trasferita a Tirana, ho deciso di andare a trovarla perché è bello seguire il suo sguardo, ovunque si posi. Dell’Albania avevo parecchie curiosità, ma soprattutto mi ricordavo un documentario visto al centro Pompidou, una decina di anni fa. Parlava del sindaco della capitale, che voleva ridare vita a una società, reduce da uno tra i peggiori regimi comunisti della storia, usando i colori.
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Pubblicato su Dialoghi Internazionali

Scrittori e video artisti dalla Polonia a Bellinzona per il Festival di Babel


Il Festival di Babel arriva per la settima volta a Bellinzona, e questa volta, dal 14 al 16 settembre, porterà con sé lingue e immagini dalla Polonia. Vanni Bianconi e la sua squadra sette anni fa avevano iniziato invitando scrittori ungheresi con i loro traduttori; l’anno dopo gli ospiti erano i Balcani, poi era venuta l’America anglofona e la sua scelta di autori quasi tutti bilingue. Idem per la Russia. Gli ultimi due anni di Festival invece messicani e palestinesi hanno mischiato attualità, politica e bisogno di scrivere. Per il 2012 il direttore artistico Vanni Bianconi ha deciso di offrire un’edizione puramente letteraria e per questo ha scelto la patria di alcuni tra i suoi scrittori preferiti: la Polonia.

Pubblicato su laRegione Ticino

Storie di donne. Reality di Mariusz Szczygiel


Gli piace la realtà, perché, come diceva anche Amleto, ‘vi sono più cose in cielo e in terra’ che in tutta la filosofia; in particolare, ci sono le vite delle persone. Mariusz Szczygieł, autore polacco, erede del giornalista narratore Ryszard Kapuściński, dice di frequentare la letteratura dei fatti. Cresciuto nella lavanderia di un albergo, dove le cameriere portavano a sua mamma ogni giorno ‘ceste e ceste di biancheria sporca e storie’, Mariusz scopre subito che la routine quotidiana serba più avventure del cinema e che le donne hanno più cose da dire degli uomini. 
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Pubblicato su laRegione Ticino

Viaggio nel Parco botanico Isole di Brissago: Un giro del mondo in 80 passi

Una biologa e un’umanista partono in gita al Parco botanico delle Isole di Brissago. Incontrano baronesse con il pallino della botanica, alberi che respirano nell’acqua, fiori di fate, giovani giardiniere intraprendenti, un direttore appassionato... e 1700 specie di piante diverse provenienti dai cinque continenti.

Abbiamo appuntamento con Guido Maspoli, un biologo che dal 2003 gestisce il patrimonio di semi e piante custoditi sull’isola. Ci aspetta un signore tra i quaranta e i cinquant’anni, sorridente, che ci promette un’ora del suo tempo e ce ne dedica tre, incantandoci con storie di persone e di vegetali e passando da un linguaggio da mille e una notte al più stretto scientifichese immaginabile.
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Pubblicato sulla Rivista di Pro Natura Ticino

Alice in Wonderland: le Meraviglie del Mart di Rovereto


Cos'è Alice? Una bambina che fa dei sogni? Un paese? Una che gioca con le parole come noi giocavamo coi lego? La combinazione per scoprire cosa c'è dietro il Bianconiglio e dietro lo specchio?
Certo è che da quando Charles Lutwidge Dodgson, in arte Lewis Carroll, scrisse i suoi due racconti 150 anni fa Alice nel Paese delle Meraviglie e Alice attraverso lo specchio molte persone sono impazzite dal piacere. Tra queste, una discreta quantità di bambini, un numero ben più alto di adulti e un’infinità di artisti. Al Mart di Rovereto (Museo di Arte Contemporanea di Trento e Rovereto) è in corso una mostra sulle influenze di Alice in Wonderland nelle arti e nel visual.

Pubblicato su laRegione Ticino
Disegno di Lewis Carroll

Venivamo tutte per mare. Le spose giapponesi bisbigliate da Julie Otsuka

Sulla nave eravamo quasi tutte vergini. Avevamo i capelli lunghi e neri e i piedi piatti e larghi, e non eravamo molto alte.

Questo l’incipit di un nuovo caso librario, affascinante e un po’ ipnotico: Venivamo tutte per mare, di Julie Otsuka. Un racconto corale che narra la prima immigrazione giapponese negli Stati Uniti, negli anni Venti-Trenta. «Da molto tempo», ha dichiarato l’autrice, «volevo raccontare la storia di giovane donne giapponesi – le cosiddette ‘spose in fotografia’ – che giunsero in America all’inizio del Novecento. Mi ero imbattuta in tantissime storie interessanti durante la mia ricerca e volevo raccontarle tutte. Capii che non mi occorreva una protagonista. Avrei raccontato la storia da un punto di vista di un ‘noi’ corale, di un intero gruppo di giovani spose».

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Publicato su laRegione Ticino

Telemarkada: festa del Telemark sul Monte Nara


Non è una festa di Carnevale, eppure ci si traveste, si evade dalla vita quotidiana e si entra in una dimensione di piacere, sforzo fisico e divertimento. La Telemarkada è una festa che gli appassionati della Scuola di Sci e Snowbord Nara organizzano ogni anno per far conoscere lo stile Telemark e che si è appena svolta all’inizio di febbraio per la decima edizione. Telemark è una regione della Norvegia molto, molto fredda, dove la vita era molto, molto dura.
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Pubblicato sulla Rivista 3valli

Valeria Donnarumma apre Ego Gallery a Lugano per la Street Art e i giovani artisti


Da venerdì 27 gennaio, in via Canonica a Lugano, c’è un nuovo spazio per l’arte: Ego Gallery. Valeria Donnarumma e Giacomo Grandini, compagni di vita e d’avventura, hanno alcune particolarità in comune: sono giovanissimi, luganesi, lavorano per il dicastero Giovani ed Eventi, dove hanno svolto i numerosi progetti di Arte Urbana Lugano, e da anni sognavano una galleria tutta loro. Incontriamo Valeria il giorno dopo l'inaugurazione e parliamo con lei di arte di strada, gallerie, riflessioni sull'ambiente cittadino attraverso lo stupore e la creatività.
Pubblicato da laRegione - Fotografia di Matteo Colombo

Nicolai Lilin, Kolima e Il respiro del buio


Quando parla di fronte a cento, duecento, trecento persone, Nicolai Lilin si mette a nudo. Racconta sinceramente, semplicemente, senza commenti né giudizi, di sé, della comunità criminale in cui è nato e cresciuto, in una terra chiamata Transnistria. Racconta del carcere minorile, della guerra in Cecenia, della violenza che gli è rimasta addosso.
Nicolai Lilin conosce il Don Giovanni di Mozart a memoria e sa cantare con dolcezza ninne nanne siberiane. Ma di questo non parla nei suoi libri, tre romanzi apparsi da Einaudi negli ultimi tre anni. Dopo Educazione siberiana, sull’infanzia tra morale e regole della criminalità siberiana in Transnistria, dopo Caduta libera, sul servizio militare russo che lo ha spedito in Cecenia a fare il cecchino, è uscito da poco Il respiro del buio.
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The Nahmad Collection al Kunsthaus di Zurigo. Mirò, Monet, Matisse e molti altri

Nahmad: una famiglia ricca e intraprendente, di origini ebraiche siriane che negli ultimi cinquant’anni ha vantato il più grande potere d’acquisto speso in opere d’arte. The Nahmad Collection: le opere che tre degli otto fratelli cresciuti tra il Libano e Milano hanno collezionato a partire dagli anni Sessanta, quando a casa loro ricevevano Lucio Fontana, Arnaldo Pomodoro, Giorgio de Chirico.
La collezione esposta al Kunsthaus di Zurigo fino al 15 gennaio, mette in mostra un'eccezionale concentrazione di opere della prima metà del Novecento dall'Impressionismo al Surrealismo, da Renoir a Modigliani, passando da Matisse, Monet, Mirò, con Picasso come filo conduttore.

Pubblicato da laRegione Ticino

Alessia Bervini, pittrice e scultrice, espone alla Galleria Job la sua arte del quotidiano


Non è di nessuna utilità pratica e non segue la minima logica, per questo l’arte della pittrice e scultrice Alessia Bervini ci fa sognare. Si prende cura dei nostri bisogni più teneri e infantili, come l’incanto, la meraviglia, il sorriso.
Nell’esposizione ora alla Galleria Studio Labo Job di Giubiasco, le sue opere seguono un percorso nella quotidianità intessuta di piccoli e grandi eventi, come fare l’orto, piantare un fagiolo e aspettare che cresca, giocare su una giostra o con le bambole, fare il bagno nella vasca, seguire le nuvole e via così, come un circo poetico.
«In un certo senso è la mia vita», spiega l’artista.

Foto di Massimo Pacciorini-Job
Pubblicato su laRegione Ticino

Progetto Mentoring a Paradiso

Semplice, amichevole, confidenziale: un modo diverso di offrire un sostegno a quei giovani che non ne trovano nella propria famiglia. «Mi è piaciuto quel misto di volontariato e buona preparazione che offre il Progetto Mentoring», spiega il sindaco di Paradiso Ettore Vismara. «A fine mese (febbraio, n.d.r.) apriremo anche qui un ufficio, e tutti i comuni che fanno parte del comprensorio». Da Locarno è arrivato dunque Furio Vanossi, coordinatore del progetto Mentoring promosso dal Cantone e da Pro Juventute Svizzera Italiana. In che cosa consiste? «È un incontro tra un giovane e una persona con più anni di esperienza disposta ad ascoltarlo, motivarlo e accompagnarlo in un progetto preciso: per esempio, trovare lavoro; ottenere la licenza di scuola media; capire quale sogno realizzare».
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Vedi anche articolo pubblicato in Maggio 2009
Progetto Mentoring a Locarno

Scrittori di Palestina - Suad Amiry, cantastorie di Ramallah

Scrive romanzi molto diversi, ma con qualche tratto in comune: sono divertenti, raccontano di situazioni tragiche e parlano di persone che l’autrice conosce bene. Al Festival di Babel 2011 di Bellinzona è arrivata Suad Amiry con i suoi tre romanzi pubblicati da Feltrinelli: Sharon e mia suocera, Niente sesso in città e Murad Murad.
Figlia un uomo palestinese fuggito da Jaffa e di una donna siriana di Damasco, è cresciuta come rifugiata in Giordania, ha vissuto al Cairo e da circa venti anni è tornata nella terra paterna, a Ramallah. "Per questo, quando mi chiedono da dove vengo, dico genericamente che sono araba".
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Ritorno a Tahrir - Viaggio al Cairo tra la rivoluzione egiziana e le elezioni

Fino a pochi giorni fa, l’Egitto masticava la sua libertà conquistata, ora sembra che il boccone sia difficile da ingoiare. Dopo la rivoluzione, qualcuno diceva: ‘E adesso, il prezzo del pane deve calare!’ e qualcun altro gli rispondeva: ‘Trent’anni di pace non avevano prezzo’. Al dittatore Mubarak si riconosce l’aver saputo mantenere gli accordi di Camp David evitando conflitti con Israele e mantenendo stabilità per tutto il suo mandato. Sono sei mesi che l’Egitto vive progetti e timori come non era mai successo; negli ultimi giorni la bilancia pende verso la paura, ma l’orgoglio e la speranza non si sono dileguati.
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L’Egitto dopo la Rivoluzione, Marco Alloni: 'Sento i cervelli muoversi'

Marco Alloni abita al Cairo da 14 anni. Nel marzo di quest'anno ha pubblicato un libro per Aliberti Editore: Ho vissuto la rivoluzione. Diario dal Cairo, resoconto dei diciotto giorni che hanno portato alla caduta del presidente egiziano Hosni Mubarak. Inizia così: Aveva ragione la Fallaci: l’incendio divampa. Ma non l’incendio che intendeva lei. Divampa l’incendio della dignità araba. Lo incontriamo nel suo ufficio: un caffè nel quartiere di Mohandessin, dove passa molte ore del giorno e della notte. Gli chiediamo che aria tira, che cosa è cambiato, che cosa ci fa lui lì.

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Pubblicato su la Regione Ticino

Foto di Amel Roshdy

Bruna Martinelli: curarsi con le erbe

Bruna Martinelli è nata nel 1926 ad Avegno e lì abita ancora. Fino a poco tempo fa teneva le pecore, mentre ora consacra la maggior parte del suo tempo a coltivare piante, frutta e verdura in un magnifico orto poco lontano da casa sua. Di famiglia contadina, ha conosciuto l’amore e l’odio per la montagna: i profumi e il senso di libertà, ma anche tanta, tantissima fatica. Di bello, ha imparato che un prato selvatico è uno scrigno prezioso: per nutrirsi, anche quanto non c’è nulla altro nei negozi o nell’orto; per nutrirsi bene, anche quando i supermercati sono pieni; e in ogni caso, per curarsi.
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Pubblicato sulla Rivista di Pro Natura Farmacia verde e sulla Rivista di Locarno

Ground Zero esce con Persone, terzo numero della Rivista Su Ciò Che Resta Del Ticino

Vi invito nella casa chiusa. Così ci avevano detto Tommaso Soldini e Giona Mattei, che in un ex bordello hanno presentato il terzo numero di Ground Zero, dal titolo Persone. Tema: corpo e organi. E muscoli e ossa; pelle, cuore e cervello.
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La Revue Parigina a Lugano: cancan tra paillette e eleganza e un po' di erotismo



Lo spettacolo è leggero, spumoso, elegante. Le danzatrici hanno vestiti di luce e l'ambiente è incredibilmente parigino.

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Vergogna Svizzera in un libro di Quilici

La Svizzera ha sulla coscienza un evento di cui si parla pochissimo. Nel suo ultimo romanzo, storico e autobiografico insieme, Folco Quilici denuncia il tradimento perpetrato dagli inglesi con la complicità dei confederati a danno dei cosacchi, subito dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Ventimila uomini, donne e bambini che finirono fucilati o sterminati nei gulag sovietici.

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Folco Quilici e l'umanità dentro il mare

È il più noto narratore italiano di mondi e genti lontane, con libri e film più volte premiati. Tutto cominciò nel 1948, quando all’età di 18 anni, Folco Quilici scoprì un’anfora sul fondale marino del mare di Sardegna, dove si era recato in vacanza con le attrezzature dell’epoca per le immersioni. Raccolse l’anfora e, di ritorno a scuola, la portò al suo insegnante di Storia dell’Arte, che commentò: «Il mare è una discarica». Diversamente però la pensava il suo allievo, che impegnò tutta la sua vita a ricercare tracce umane nel mare, considerandole fonti inestimabili per la Storia delle civiltà.
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Babel invita la Palestina a Bellinzona

Vanni Bianconi è un poeta e sembra sempre camminare a mezz’aria, eppure i suoi piedi poggiano da qualche parte sulla terra e non c’è dubbio che si tratta di terra molto fertile. Ha pubblicato due libri, è stato chiamato fino in Indonesia a leggere le sue poesie, ha vinto premi per la sua poesia e le sue traduzioni e ha fondato un festival di letteratura che giunge quest’anno alla sua sesta edizione: il Festival di Babel.
«È un festival aperto a tutti i curiosi, lettori e non. Vengono appassionati di traduzione, di letteratura, persone interessate alla cultura del paese ospite. Anche il nostro pubblico è babelico, multilingue: l’anno scorso c’erano anche molti sud americani e secundos, due anni fa i russi che abitano in Svizzera. Quest'anno tocca alla Palestina».
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